Fëdor Dostoevskij, Delitto e castigo (1866), tr. Pina Maiani, Sansoni, 1971.


"Credi forse, mercante, che questa tua mezza bottiglia mi sia sembrata dolce? Dolore, dolore io ho cercato in fondo ad essa, dolore e lacrime, e li ho assaporati, e li ho trovati…", p. 39.
"Succede sempre così, con queste belle anime alla Schiller, travestono una persona con le penne di pavone e poi i credono fino all'ultimo momento, si aspettano sempre il bene e mai il male; anche se intuiscono il rovescio della medaglia, non diranno mai a se stesse, in anticipo, una parola precisa; le disgusta il solo pensarci; si coprono gli occhi con tutte e due le mani per non vedere la verità, proprio nel momento in cui quella persona, che hanno tanto esaltata, non le prende per il naso con le sue stesse mani", p. 61.
"Come se quella pustola, che era maturata nel suo cuore per un mese intero, si fosse rotta di colpo. Libertà, libertà! Era libero, ormai, da quelle malie, da quella stregoneria, dall'incantesimo, dalla sua ossessione!", p. 81.

"Bisogna essere forti, forti: senza la forza non si ottiene nulla; e la forza bisogna conquistarla con la forza, e questo loro non lo sanno!", p. 222.
"Mentire a modo proprio è meglio che dire la verità a modo degli altri: nel primo caso sei un uomo, nel secondo sei solo un pappagallo! […] Ci è piaciuto campare a spese dell'intelligenza altrui, e ci abbiamo preso gusto!", p. 233.
"La sofferenza e il dolore sono un obbligo inevitabile, per chi ha una coscienza profonda e un cuore sensibile. Io credo che in questo mondo gli uomini veramente grandi debbano provare una grande tristezza- aggiunse a un tratto
Raskòl'nikov…",
p. 302.
"…io non ho ucciso una persona, ho ucciso un principio! […] No, a me la vita è stata data una volta sola e non la riavrò mai più: io non voglio aspettare la «felicità universale». Io voglio vivere anche per conto mio, se no è meglio non vivere proprio", p. 312.

"- ...ormai non ho che te- aggiunse Raskòl'nikov – Andiamo via insieme…Sono venuto da te. Siamo maledetti tutti e due, e ce ne andremo insieme! –
[…]
-Non capisco…- mormorò Sonia.
-Più tardi capirai. Non hai fatto così anche u? Anche tu hai scavalcato l'ostacolo…sei riuscita a scavalcarlo. Hai ucciso te stessa, hai distrutto una vita…la
tua (ma è lo stesso)", p. 371.
"-Che cosa bisogna fare? Demolire quello che è necessario demolire, una volta per sempre, e poi basta: e prendere il dolore sulle nostre spalle? Come? Non capisci? Più tardi capirai…La libertà e il dominio, ma soprattutto il dominio! Su tutti gli esseri pavidi e su tutto il formicaio!...Ecco la meta! - ", p. 372.
"Apparteneva a quella legione innumerevole ed eterogenea di farabutti, di aborti malaticci e di maniaci semignoranti in tutto, che si accodano sempre all'idea più di moda, per rovinarla immediatamente, per rendere subito ridicolo tutto quello a cui loro stessi, magari, si dedicano con la massima sincerità", p. 409.
"Anzi, sono convinto che «deciderete di accettare la sofferenza»; non credetemi sulla parola, ma ripensateci per conto vostro. Perché la sofferenza, Rodion Romanyć, è una grande cosa […] perché nella sofferenza c'è un'idea", p. 514.

"-Accettando di andare a soffrire, non lavi forse metà del tuo delitto? - esclamò Dunja, abbracciandolo e baciandolo.
-Delitto? Quale delitto? -gridò a un tratto Raskòl'nikov con una specie di improvviso furore- perché ho ucciso un pidocchio schifoso e malefico, una vecchia usuraia che non era utile a nessuno, che, per averla uccisa, dovrebbe farmi perdonare quaranta peccati, che succhiava sangue ai poveri, questo sarebbe un delitto? Io non ci penso proprio, e non penso davvero a lavarlo",
p. 577.