
-John Dos Passos, Il 42° parallelo (The Forty Second Parallel, 1930), tr. Cesare Pavese, Bur Rizzoli, 2008.
"Il crepuscolo azzurrino piombava sulle vie, mentre uscivano. S'accendevan lumi, gialli. Pianoforti automatici tintinnavano e rimbalzavano nei bar. Sulla soglia di un portone, un'orchestrina stonata suonava. Il mercato era tutto illuminato da torce vacillanti, ogni genere di lucide merci dai colori vivaci era in vendita nelle baracche. In un angolo, un vecchio indiano e una vecchia dalla faccia larga, ciechi e fittamente butterati tutti e due, cantavano una stridula canzone interminabile in mezzo a un numeroso gruppo di campagnoli bassi e tarchiati, le donne con scialli neri sul capo, gli uomini in abiti di cotone che parevano pigiami", p. 153.
"Piccole increspature di sole dardeggianti tra le aperture del pizzo nella cortina della finestra gli si posavano sulla testa pelata, su una grossa pinna rossa del naso, sulla piega di un baffo, sul picchettato panciotto festivo e sulle maniche bianche e inamidate della camicia dai polsini lucenti, sostenute sopra un gomito da un elastico", p. 162.
"Le ruote del biroccino scricchiolavano in profonde buche di sabbia, di tanto in tanto questo rumore e gli schiocchi di lingua del cocchiere al cavallo venivano affogati nel muggito della risacca sulla spiaggia. L'unica luce veniva dalla luna nascosta continuamente da nuvole fuggenti. La pioggia era cessata, ma l'aria tesa dava l'impressione di un altro rovescio imminente", p. 210.
"Era un pomeriggio di maggio, pieno di sole, e si odoravano i fiori dei carrubi sulla brezza che giungeva dalle grasse terre dell'Ohio...", p. 279.