-Philip Roth, Ho sposato un comunista (I Married a Communist, 1998), tr. Vincenzo Mantovani, Einaudi, 2014.

"Forse che la meschinità e l'insulsaggine possono togliere a qualcuno la voglia di diventare un personaggio importante? Non occorre una visione evoluta della vita per andare al potere. Una visione della vita può, anzi, essere il peggior impedimento, mentre non avere una visione evoluta può essere il più splendido vantaggio", pp. 12-13.
"Tutt'a un tratto si trova immerso nella narcisistica illusione che la sua vita non sia futile: tutt'altro. Non cammina più nella zona d'ombra dei suoi limiti", p. 68.

"...quegli estatici giorni rivoluzionari in cui tutti coloro che volevano cambiare il mondo programmaticamente, ingenuamente (follemente, imperdonabilmente), sottovalutavano il modo in cui l'umanità fa scempio delle sue idee più nobili e le trasforma in una tragica farsa", p. 83.

"Io non ero tanto un perseguitato, cioè una persona costretta ad abbandonare il proprio posto, quanto una persona fuori posto, sempre troppo grande, spiritualmente e fisicamente, per il posto che occupava", p. 195.

"L'arte è al servizio dell'arte: altrimenti non esiste arte degna dell'attenzione di chicchessia. ... Il motivo per fare della letteratura seria è fare della letteratura seria", p. 237.

"Come puoi essere un artista e rinunciare alle sfumature? Ma come puoi essere un politico e permettere le sfumature? Come artista le sfumature sono il tuo dovere. Il tuo dovere non è semplificare ... Non cancellare le contraddizioni,  non negare le contraddizioni, ma vedere dove, dall'interno delle contraddizioni,  si colloca lo straziato essere umano", p. 242.