Italo Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno (1947), Mondadori, 2020.
"La lettura e l'esperienza di vita non sono due universi ma uno. Ogni esperienza di vita per essere interpretata chiama certe letture e si fonde con essa", Prefazione, p. XV.
"Forse, in fondo, il primo libro è il solo che conta, forse bisognerebbe scrivere quello e basta, il grande strappo lo dai solo in quel momento, l'occasione per esprimerti si presenta solo una volta, il nodo che porti dentro o lo sciogli quella volta o mai più", Prefazione, p. XVI.
"Finché il primo libro non è scritto, si possiede quella libertà di cominciare che si può usare una sola volta nella vita, il primo libro ti definisce mentre tu in realtà sei ancora lontano dall'essere definito…", Prefazione, p. XXII.
"Di questa violenza che le hai fatto scrivendo, la memoria non si riavrà più: le immagini privilegiate resteranno bruciate dalla precoce promozione a motivi letterari, mentre le immagini che hai voluto tenere in serbo, magari con la segreta intenzione di servirtene in opere future, deperiranno, perché tagliate fuori dall'integrità naturale della memoria fluida e vivente", Prefazione, p. XXIII.
"È una voglia remota in lui come la voglia di amore, un sapore sgradevole e eccitante come il fumo e il vino, una voglia che non si capisce bene perché tutti gli uomini l'abbiano, e che deve racchiudere, a soddisfarla, piaceri segreti e misteriosi", p. 67.
"Poi chi c'è ancora? Dei prigionieri stranieri scappati dai campi di concentramento e venuti con noi; quelli combattono per una patria vera e propria, una patria lontana che vogliono raggiungere e che è patria appunto perché è lontana", p. 100.
"…ma Pin non ha voglia di giocare e continua a camminare a perdifiato, con una tristezza che gli annuvola la gola", p. 133.
