-John Steinbeck, La valle dell'Eden (East of Eden, 1952), tr. Maria Baiocchi, Anna Tagliavini, Bompiani, 2023, p. 762.

"La prima volta che un bambino coglie in fallo un adulto-la prima volta che, nella sua testolina, gli balena il sospetto che gli adulti non abbiano la scintilla divina, che i loro giudizi non siano sempre saggi, i loro pensieri sempre perfetti, le loro affermazioni sempre giuste-il suo mondo sprofonda nel panico della desolazione. Gli dèi sono caduti e ogni sicurezza con loro. E una cosa è certa, riguardo alla caduta degli dèi: non cadono un po' per volta, ma crollano e si sfracellano o precipitano al fondo di una poltiglia verdastra. Rimetterli in piedi è un lavoro tedioso, e non tornano mai a risplendere davvero. E il mondo del bambino non torna mai perfettamente integro. E' una maniera dolorosa di crescere", p. 33.
"L'intervallo di tempo è una storia strana e contraddittoria per la mente. Sembrerebbe ragionevole supporre che il tempo segnato dalla routine o il tempo in cui non succede niente risulti interminabile. Così dovrebbe essere, ma di fatto non è: è il tempo in cui non succede niente quello che sembra non avere durata...In assenza di eventi non ci sono pilastri a scandire la durata. Dal nulla al nulla non esiste tempo", pp. 77-78.
"...al mostro è la norma ad apparire mostruosa...A chi è nato senza coscienza, l'uomo che ne è afflitto deve apparire ridicolo. Per un criminale l'onestà è stupida. Non dobbiamo dimenticare che il mostro non è che una deviazione, e che per il mostro la normalità è mostruosa", p. 100.
"Ma non è forse possibile che nelle nere pozze di alcuni il male diventi tanto forte da riuscire a scavalcare la diga e a nuotare in acque libere? Una simile creatura potrebbe essere il nostro mostro, e noi non siamo forse suoi parenti, nelle nostre acque segrete?", p. 172.
"C'è un'oscura violenza in questa valle. Non so...non so. Come se la infestasse un oscuro fantasma, venuto dall'oceano morto qui sotto, per intorbidire l'aria con l'infelicità. E' una cosa nascosta, come un dolore occulto", (Samuel ad Adam) p. 190.
"Lei è uno di quei rari personaggi capaci di distinguere le percezioni dai preconcetti. Lei vede quello che c'è, mentre la maggior parte delle persone vede quel che si aspetta", (Lee a Samuel) p. 211.
"...è difficile dividere un uomo in due e prendere sempre la stessa metà", (Samuel) p. 214.
"Sentiva un dolore alla bocca dello stomaco, un'apprensione, come un pensiero malato...la malinconia del mondo che invade l'anima come un gas, diffondendo tetraggine al punto che cerchi l'evento che l'ha causata, ma non riesci a identificarlo", p. 229.
"Chi vuole mettere correttamente in pratica qualcosa di difficile e sottile, dovrebbe prima di tutto studiare il fine da raggiungere; appurato che si tratta di un obiettivo auspicabile, dovrà poi dimenticarlo e concentrarsi esclusivamente sui mezzi. Seguendo questo metodo non si è indotti in errore dall'ansia, dalla fretta o dal panico. Ma questo lo imparano in pochi", p. 309
-Io non credo molto nel sangue-disse Samuel-Credo che quando un uomo trova del bene e del male nei suoi figli, trova solo quel che ci ha piantato dopo che sono usciti dal grembo materno", p. 337.
"Ma è bello, per un mediocre, sapere che la grandezza è probabilmente la condizione più solitaria del mondo", p. 340.
"«Perché-disse Adam eccitato-noi discendiamo da qui. Questo è nostro padre. Un po' della nostra colpa è assorbita dalla nostra ascendenza. Che possibilità abbiamo? Siamo figli di nostro padre. Significa che siamo i primi. E' una scusa, e nel mondo non ce ne sono molte di scuse».
«Non molte che siano convincenti, quantomeno» aggiunse Lee. «Se così non fosse, avremmo cancellato la colpa da un pezzo e il mondo non sarebbe pieno di gente triste che si punisce»", p. 345.
"Samuel era capace di galoppare con leggerezza tra le pagine di un libro e di barcamenarsi abilmente tra le idee come chi affronti le bianche rapide su una canoa. Ma Tom nel libro ci sprofondava, strisciava e arrancava tra le pagine, si apriva una galleria tra i pensieri come una talpa e ne riemergeva con la faccia e le mani tutte impiastricciate", p. 362.
"Ma -Tu puoi!-Ah, quello sì che esalta la grandezza dell'uomo e gli dà una statura paragonabile agli dei, perché malgrado la sua debolezza, il suo orrore e l'assassinio del fratello, ha ancora la possibilità di scegliere. Può scegliere la sua strada e combattere per quella. E vincere...E' facile, per pigrizia, per debolezza, rifugiarsi nel grembo della divinità e dire-Non ho potuto fare altro, la strada era segnata-. Ma pensate alla superiorità della scelta! Questo sì che fa di un uomo un uomo", (Lee a Samuel) p. 389.
"Io lo so che cosa odi. Odi in loro quello che non riesci a capire. Non è il male che odi. Odi il bene a cui non riesci ad arrivare", (Adam a Cathy/Kate), p. 413.
"...mi chiedo se percepisci mai che intorno a te c'è qualcosa che ti è invisibile", (Adam a Cathy/Kate), p. 490.
"La vigliaccheria di Tom era immensa come il suo coraggio, come accade nei grandi uomini. La sua violenza controbilanciava la sua tenerezza, e lui era un campo di battaglia conteso dalle sue stesse forze", p. 505.
"Io credo che nel mondo ci sia una storia, e una storia sola...Gli uomini sono presi-nelle loro vite, nei loro pensieri, nei loro appetiti e ambizioni, avarizie e crudeltà, e persino nei loro impulsi di bontà e generosità-in una rete di bene e male....Vizio e virtù sono trama e ordito della nostra prima presa di coscienza...Non esiste altra storia. L'uomo, dopo che si è spazzolato via la polvere e la segatura della vita, resta con questa dura, cristallina domanda: era bene o male? Mi sono comportato nel modo giusto- o in quello sbagliato?", p. 525.
"So che a volte si dicono bugie a fin di bene. Io non credo che facciano del bene. Il dolore inferto dalla verità può passare, ma la lenta, divorante agonia di una falsità non finisce mai. E' una piaga sempre aperta" (Lee), p. 544.
"E' uno dei trionfi della natura umana, quello di sapere qualcosa e tuttavia continuare a non crederci", p. 573.
"...e ridere di se stessi è proprio l'ultima cosa nella nostra folle gara con la morte, e a volte non si fa nemmeno in tempo" (Lee ad Abra), p. 629.
"-Cos'è che ti turba: la responsabilità o la colpa?-
-Non voglio colpe-
-A volte la responsabilità è peggio. Non comporta il piacere dell'egocentrismo" (Lee ad Adam), p. 660.
"Forse la conoscenza è troppo grande e gli uomini stanno diventando troppo piccoli-disse Lee- Forse, inginocchiandosi davanti agli atomi, anche il loro spirito diventa grande come un atomo. Forse uno specialista è solo un codardo, che ha paura di guardar fuori dalla sua gabbietta. E pensa a cosa si perdono gli specialisti: il mondo intero, oltre la siepe", p. 684.
"Sei incantato davanti al tragico spettacolo di Caleb Trask...Caleb il magnifico, Caleb l'unico. Caleb la cui sofferenza dovrebbe avere il suo Omero. Hai mai pensato a te stesso come un bambinetto con il moccio al naso?" (Lee a Cal), p. 720.
"Era una specie di scherzo, oppure le cose trovavano un equilibrio, così che se uno spingeva troppo in una direzione uno scatto automatico della bilancia riequilibrava il tutto?", p. 736.
"Tuo figlio si è imposto il marchio della colpa, da solo-da solo-forse più di quanto sia in grado di sopportare. Non schiacciarlo con il tuo rifiuto. Non lo schiacciare, Adam...Non lasciarlo solo con la sua colpa", (Lee ad Adam), p. 761.
