Doris Lessing, Memorie di una sopravvissuta, (The Memoirs of a Survivor, 1074), 

Tr. Cristiana Mennella, Fanussi, 2003.


"Si, era fuori dal normale. Si, era tutto assurdo. Ma in fondo, avevo accettato l'assurdo. Ci convivevo. Avevo scarificato ogni aspettativa di normalità al mio mondo interiore, alla mia vera vita in quel luogo. Quanto al mondo pubblico, esterno, da un pezzo non offriva più niente di normale. Chissà, forse si potrebbe definire quel periodo come la «normalità dell'anormale». Be', in tal caso il lettore non dovrebbe incontrare difficoltà: sono parole che descrivono i tempi che abbiamo vissuto […] Mentre tutto, ogni forma di organizzazione sociale, andava in pezzi, noi continuavamo a vivere, ci adattavamo, come se non stesse succedendo niente di fondamentale. Era incredibile la determinazione, la testardaggine, l'accanimento con cui tentavamo di condurre un'esistenza normale. Delle nostre abitudini, di ciò che avevamo dato per scontato solo dieci anni prima, non era rimasto niente, o ben poco, ma noi continuavano a parlare e a comportarci come se ancora ci identificassimo in quelle vecchie forme", p. 14.
"Il punto era che avvertiva come una minaccia chiunque le si avvicinasse, chiunque entrasse nel suo campo visivo. Era così che la sua esperienza, qualunque fosse stata, l'aveva forgiata. Mi accorsi che cercavo di mettermi nei suoi panni, di immedesimarmi, di capire come mai la gente doveva essere passata al vaglio del suo bisogno di criticare- di difendersi; e mi accorsi che in fondo lo facciamo tutti, me compresa, anche se in lei quella tendenza era ingigantita, scatenata, esagerata da chissà cosa. Certo, quando qualcuno si avvicina, stiamo in guardia; gli prendiamo le misure; partono una serie di controlli e di verifiche incredibilmente rapide, per catalogare con esattezza il soggetto che abbiamo davanti, e il tutto sfocia in un silenzioso giudizio: sì, mi sta bene; no, non abbiamo niente in comune; no, è una minaccia…Attenzione! Pericolo! E così via", p. 26.
"Il viavai delle bande nomadi ebbe fine. I marciapiedi della strada erano neri, spaccati dai fuochi accesi per tante notti di fila, le foglie dei platani pendevano frolle e rinsecchite, c'erano ossa, brandelli di pelliccia e vetri rotti dappertutto, lo spiazzo incolto era sporco e calpestato. Si materializzò la polizia, indaffarata a prendere appunti e interrogare la gente. Spuntarono i netturbini. I marciapiedi tornarono alla normalità. Per un po' tornò tutto alla normalità, di notte le finestre al pian terreno erano illuminate", p. 33.