-Don DeLillo, Underworld (Underworld, 1997), tr. Delfina Vezzoli, Einaudi, 2014.


"Di solito si mantiene una distanza mutevole tra se stessi e il proprio lavoro. C'è uno spazio di imbarazzo, il senso di un gioco formale che è una specie di panico frenato, e forse lo si manifesta con un gesto forzato o con il classico colpo di tosse per schiarirsi la gola. Qualcosa che sbuca dall'infanzia si insinua in questo spazio, un vago senso di giochi e identità non del tutto formate, ma non è che si finga di essere qualcun altro, Si finge di essere esattamente quello che si è. È questa la cosa strana", p. 108.
"…e lei stornò gli occhi, fissando oltre la mano alzata qualcosa di trasparente che lui pensò di poter chiamare la sua vita", p. 239.
"E, comunque, in ultima istanza, noi non dipendiamo dal tempo. C'è un equilibrio, una specie di contrappeso fra la continuità del tempo e l'entità umana, il nostro fragile fastello di soma e psiche. Alla fine noi soccombiamo al tempo, è vero, ma il tempo dipende da noi. Ce lo portiamo nei muscoli e nei geni, lo trasmettiamo al prossimo gruppo di creature dotate del fattore tempo […] Albert era convinto che siamo noi gli unici orologi cruciali, le nostre menti e i nostri corpi, stazioni di servizio per la distribuzione del tempo", p. 245.
"C'era un rumore che si faceva sentire, il ronzio del mondo…", p. 265.

"La civiltà non era nata e fiorita tra uomini che scolpivano scene di caccia su portali di bronzo e parlavano di filosofia sotto le stelle, mentre l'immondizia non era che un fervido derivato, spazzato via e dimenticato. No, era stata la spazzatura a svilupparsi per prima, spingendo la gente a costruire una civiltà per reazione, per autodifesa […] Prima creiamo la spazzatura e dopo costruiamo un sistema per riuscire a fronteggiarla", pp. 304-305.
"…roba da niente, quel tipo di cose che ti porti dietro e conservi perché costituiscono un ingombro mentale rassicurante", p. 402.

"E lui se ne stava lì seduto, scomposto nella sua tenuta militare, a guardarsi i piedi, lanciando occhiate ai piedi di fronte, tutte le scarpe segnate e grinzose che non sembravano cose che la gente comperava e indossava, ma pezzi permanenti, parti del corpo, inseparabili dagli uomini e dalle donne seduti lì, perché la metropolitana ti sigilla durevolmente nella pietra del momento", p. 466.
"…e passa davanti alle finestre cieche di tutti quei caseggiati vuoti ma abitati anche se non si vede nessuno…", p. 470.
"Era una parola-interruttore, come lo erano ormai tante cose al giorno d'oggi, come il mondo intero, che ti si spalancava davanti premendo un pulsante", p. 550.
"C'è una sola verità. Chiunque controlli i tuoi globi oculari, governa il mondo", p. 565.
"L'Aquinate diceva che solo le azioni intense rafforzano un'abitudine. Non la semplice ripetizione. L'intensità è utile alle conquiste morali. Una volontà intensa e perseverante. Questo è un elemento di serietà. La perseveranza. Questo è un elemento. Un senso di finalità. Un compito che ci assegniamo da soli", p. 575.

"Non l'hai vista perché non sai guardare. E non sai guardare perché non conosci i nomi […] … […] Lo vedi, come restano nascoste le cose di tutti i giorni? Perché non sappiamo come si chiamano…", p. 577.
"Guardò i taxi gialli sprofondare nel crepuscolo romantico, in quella particolare luce prodiga che cade morendo su Park Avenue poco prima che la gente prenda congedo dall'ufficio per diventare una massa di mariti e di mogli, o qualunque cosa la gente diventi in qualsivoglia mormorio di parole, quando la sera si fa fugace e sussurrata", p. 592.
"La macchina li seguiva a una trentina dimetri di distanza, come uno scarafaggio fosforescente, lento, insonne e appiccicoso", p. 618.

"Entra in casa come un'ombra, come un silenzio con un paio d'occhi, e attraversa lentamente la cucina", p. 698.
"Il macellaio apparve sulla soglia del negozio affannato e rauco, chiassoso, sporco e felice nel grembiule lurido, un uomo che viveva con urgenza, con qualcosa dentro che spingeva verso l'esterno, scavalcando le pareti del petto", p. 712.
"…un uomo grande e grosso con una faccia che sembrava un incidente stradale…", p. 746.
"Il ciberspazio è una cosa dentro il mondo, o il contrario? Quale contiene quale, e come si può esserne sicuri?", p. 879.